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SECONDA EDIZIONE “ARTE DA MANGIARE O DELLA CONOSCENZA”
SECONDA EDIZIONE “ARTE DA MANGIARE O DELLA CONOSCENZA”
23/09/1997

SECONDA EDIZIONE “ARTE DA MANGIARE O DELLA CONOSCENZA”

A cura di:              Mimma Pasqua
Su progetto di:      Ornella Piluso
Coordinamento di: Gabriella Anedi e Stefania Fanesi
Direzione di:         Dott. Amos Nannini


Artisti invitati:
Gabriella Anedi – Carmine Caputo di Roccanova – Lorenzo Castelluccio – Giorgina Castiglioni – Enrico della Torre – Dino De Simone – Tilde de Tullio – Alfredo Fantini – Libero Ferretti – Alberto Ghinzani – Alessandro Guerriero – Paola Lanzani – Ruggero Maggi – Franco Migliacci – Folco Portinari – Alberto Schieppati – Emilio Tadini – Fabius Tita – topylabrys


E’ intervenuto il gruppo di musici formato da Lorenzo Castelluccio, Mario Carro e Pascal Marino in “Crepino gli Artisti”


Sostenitori della manifestazione:
Hotel Emilia di Riva del Conero – Antica osteria Rampina di S. Giuliano Milanese – Associazione Amici della terra – Tiemme Tipografia Milanese – Agenzia Support Service.


Ecco, è riuscito ad afferrarlo.
Ora lo porta con avidità alla bocca e lo morde, lo succhia, ne ricerca con la lingua gli anfratti e le sporgenze, ne accarezza l’umida superficie.
Si attarda ad assaporarlo con cupidigia.
Poi lo abbandona, lasciandolo cadere.
E deglutisce con piacere. L’ha conosciuto.
Siamo noi. E solo da pochi mesi abbiamo iniziato l’avventura esaltante di scoprire il mondo.
Ora che i nostri sensi si sono assopiti nel letargo virtuale, ripensiamo con stupore che attraverso la bocca, il gusto, che abbiamo conosciuto il mondo e, novelli Ulisse, lo abbiamo navigato per esplorarlo.
Siamo stati una grande, formidabile, insaziabile bocca: fonte primaria di piacere e conoscenza.
Già nel verbo capire è insito il concetto di afferrare, prendere, impossessarsi. Un simbolico mangiare l’oggetto della conoscenza per farlo nostro, per metabolizzarlo e trasformarloin un pensiero fecondante.


Con “Arte da mangiare” mi sono posta un obiettivo semplice e ambizioso nello stesso tempo: recuperare l’oralità come fonte di piacere e associarla all’arte.
Perché fare arte è qualcosa di simile al preparare, cucinare il cibo. Si prendono gli ingredienti, si mescolano, si manipolano, gli si dà forma.
Un atto creativo, tout court.
Oggi che cos’è il fatto artistico per la gente? Per i non addetti ai lavori, di cui bisogna tener conto, perché gli interlocutori non sono solo i critici e i mercanti, ma è la gente che vuole capire, conoscere, “mangiare l’arte”?
Oggi il fatto artistico è completamente avulso dai sensi e dalle emozioni.
E’ un prodotto da guardare (frettolosamente), analizzare, sezionare, vendere, comprare.
Diventa quasi un fatto mentale che finisce per perdere la sua fisicità: se ne parla, non se ne gode. Perché nessuno ci ha insegnato a goderne. Allora diventa unicamente un prodotto della mente: la bocca, la vista, il tatto, il cuore ne sono esclusi.
Eppure la sensualità delle donne di Tiziano è quella che ci parla per prima. I nostri sensi esultano, coinvolti in un sottile, profondo piacere, in cui, però non ci attardiamo, nel tentativo di ricostruire la storia dell’opera, di conoscerne l’interpretazione critica.
Eppure è da lì che è nata la “Danae”.
Dal piacere di farla, di toccarla, di accarezzarne le forme, di assaporarne gli odori, di lasciarsi ammaliare dal colore ambrato della pelle, di desiderarla nel gesto di difesa e di abbandono.
Ha giocato a fare “l’arte da mangiare”, perché l’atto giocoso non è limitante del fare artistico, ma è la sua modalità. Se non c’è gioco, piacere, non c’è arte, ma elucubrazione della mente.
L’artista ha la fortuna di continuare a coltivare le sue parti bambine con la stessa grande serietà con cui i bambini giocano. Così coinvolti, così presi che delitto sarebbe disturbarli, distoglierli dall’oggetto di piacere.
E’ da lì, da quel momento, che inizia la ricerca.
Il viaggio alla scoperta dell’inesplorato, del possibile, dell’immaginato,          dell’ imprevisto.
Inizia l’avventura del conoscere e del conoscersi.
Il nostro viaggio inizia all’insegna dell’ambiguità.
Mimma Pasqua

 

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